sabato 10 settembre 2011

De Impossibilitatis Puntualie Trenibus

Come tutti coloro che lavorano ad una distanza ragionevole da casa, prima degli ultimi due anni e mezzo ignoravo completamente la massa di persone che usano il treno per andare a lavoro, come ne ignoravo le difficoltà. Prendere almeno 2 treni al giorno per andare e tornare da lavoro nella maggior parte della nostra nazione oggi è fattibile, ma solo se si mettono in conto due fattori: 1, una spesa di molto superiore a quanto ricevuto; 2, la più completa assenza di fretta Accettare questi due punti vi permetterà di affrontare serenamente la vostra condizione, quella di chi non compra un servizio, ma paga un riscatto.

Un esempio significativo è legato alla gestione degli orari. Con questo, non voglio riferirmi al fatto che i treni non arrivino mai in orario. Né che la comunicazione dei ritardi sia rigorosamente sbagliata, tipicamente mistificata secondo trucchetti da seconda elementare, se non a volta completamente omessa. Mi riferisco invece al più semplice e caratteristico aspetto legato a chi corre che se no perde il treno: la gestione dell'ora.
In tutte le stazioni è possibile trovare un numero molto elevato di orologi che scandiscono il tempo, spesso legati al tabellone degli arrivi e delle partenze. Per chi deve prendere un treno, l'ora esatta è un fattore chiave: determina se prendi o no il treno, 1 o 0, sì o no. E' un sistema binario senza mezzi termini: non si può prendere “abbastanza” il treno. Ora, un banale controllo degli orologi di una stazione qualsiasi vi confermerà che non fanno tutti lo stesso orario. Gli orologi all'interno delle stazioni italiane non sono sincronizzati, ma oscillano intorno a 5 minuti (escludendo la stazione di Firenze Rifredi, dove per l'ora usano il pendolino di Maurizio Mosca).

Similmente, gli orari fra stazione e stazione non coincidono (questo è un test molto facile se fate il pendolare). In altre parole, un treno che parte da una stazione arriverà ad una altra stazione che, all'istante della partenza, faceva un'altra ora (domanda da un milione di dollari: quanto tempo ha impiegato il treno a fare il viaggio?). Figuratevi la scena dall'alto: un fiume di treni che si muove da una stazione all'altra in tutta il territorio nazionale, trovando orologi con orari diversi. Si capisce che il ritardo cronico dei treni non è un fattore chiave, anzi è l'arrotondamento, la scossa di assestamento che regge l'edificio, che rende anzi il processo affidabile.

Ma il meglio deve ancora venire: perché in realtà i treni non partono da una stazione quando gli orologi- che so?!- del binario dove si trovano segnano la sua ora, bensì quando l'orologio del capotreno segna la sua ora. Questa ennesima variante (senz'altro dire, incredibile) introduce un ulteriore elemento: due stazioni con orari diversi sono collegate fra loro da un treno che parte seguendo l'orario di un terzo elemento che viaggia col treno stesso. Se Einstein fosse rimasto in Italia più a lungo, il suo Principio di relatività speciale sarebbe certamente stato partorito con anni di anticipo. Tralasciando il fatto che come per le stazioni, ogni capotreno ha necessariamente al polso un orario differente, quest'ultimo fattore diventa cruciale perché se il capotreno non considera l'orario della stazione in cui si trova, un treno in orario può addirittura partire prima!!! Questa eventualità a me è successa già due volte, con treni partiti almeno 2 minuti prima del necessario, secondo l'analisi degli orologi della stazione di partenza.

Nella mentalità di chi il treno lo prende una volta ogni tanto, 2 o 5 minuti non contano nulla. Chi viaggia saltuariamente, avverte il viaggio come un evento, non come una norma. Similmente, chi prende la macchina per andare a lavoro non sopporta l'idea di farsi anche solo 5 minuti di coda ogni giorno, mentre chi prendesse la macchina una volta l'anno non se ne renderebbe neanche conto (senza considerare che per 5 minuti di coda, non è che perdete la macchina e dovete aspettare la prossima!)

In conclusione, anche laddove il treno non porti ritardo, la situazione appare come segue:
in una stazione, ad un certo punto, un treno parte.

lunedì 29 novembre 2010

Wikileaks: an english title for non-italian news

Da ieri sera, sono disponibili per i comuni mortali informazioni piuttosto riservate (poche quelle top secret) sulla politica estera americana, fornite a Wikileaks da un giovane soldato 23enne americano schifato dal sopruso del suo paese a danno degli iracheni.

Le informazioni, vagliate ed interpretate (essendo in gergo militare), saranno disponibili parzialmente presso un gruppo di giornali che le pubblicherà nei prossimi giorni.

New York Times, Guardian, El Pais, Le Monde, Der Spiegel.
Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna, Francia, Germania.

Come sosterrebbe un fisico, non è importante avere le risposte esatte, ma porsi le giuste domande. Cercherò di applicare questo principio.

Prima domanda: come mai nella diffusione di una delle più grandi (se non la PIU' grande) fuga di notizie che la storia del Giornalismo ricordi non partecipa un giornale italiano?

Seconda domanda: è perché da noi la pubblicazione delle notizie non è una priorità o perché nel campo giornalistico internazionale non contiamo nulla?

giovedì 6 maggio 2010

Stupido è chi lo stupido fa

Ricordo chiaramente, verso la fine di uno dei più interessanti video mai visto su Youtube (Beppe Grillo e i 5 amici), la frase che coronava i 30 minuti di quel video:
"Questo non è il pianeta in cui stare se volete continuare a dormire!"

Mi è tornato in mente quando pochi minuti fa ho finalmente avuto il tempo di vedere il servizio della giornalista Jane Burgermeister ed il video integrale a cui lei fa riferimento, girato da un amatore il quale si dice essere poi stato assassinato.
Entrambi i video si riferiscono al clamoroso incidente aereo che in un solo colpo ha gambizzato l'elite polacca, lo scorso 10 aprile.

Solitamente, i media tradizionali bombardano massicciamente il nostro conscio ed inconscio di teorie ufficiali, semplici e lineari, bollando spesso come "ipotesi del complotto" quelle versioni alternative che presentano particolari inspiegati di un certo interesse.

Qui da noi, in Italia, siamo ormai così avanti (o indietro) che c'è solo da imparare. Ci è d'esempio il famoso caso del terromoto in Abruzzo. Le istituzioni spacciavano come realtà il "non c'è alcun pericolo", mentre altre realtà denunciavano forti dubbi a riguardo. Al di là del fatto che poi un terremoto ci sia stato, il punto chiave è che se non hai idea se un terremoto ci sarà o no, non puoi dire "state sicuri, non c'è problema". E' una informazione che non possiedi.

Allo stesso modo, la richiesta di chiarezza su fatti inspiegati non è complottismo. Il complotto lo fa chi lo ordisce, non chi chiede spiegazioni.

Per quanto riguarda il caso polacco, la Burgermeister espone dei fatti che richiedono chiarimenti:
- c'è un video che mostra la zona del disastro aereo pochi minuti dopo l'impatto che non riporta alcun cadavere, sebbene dovessero essere prensenti un centinaio di persone;
- sebbene sia stata inizialmente accreditata la versione di un ripetuto tentativo di atterraggio dell'aereo (4 volte), è stato in realtà constatato che l'aereo si è schiantato al primo tentativo;
- la scatola nera non riporta traccia di alcun problema nel funzionamento dell'aereo;
- nel video si sentono almeno 4 spari e si vedono chiaramente delle persone presenti sul luogo del disastro pochi momenti dopo l'impatto;

Alcune considerazioni:
- la polonia è una delle uniche nazioni europee ad avere opposto resistenza ad alcune politiche economiche speculative condivise da altri paesi europei, come ad esempio l'utilizzo del vaccino (anti)influenzale;
- la polonia è uno dei paesi europei col più basso debito pubblico;
- la polonia è uno degli unici paesi con un trend economico positivo negli ultimi 2 anni.
- non esiste a memoria di uomo un evento in grado di cancellare in un solo momento l'intera classe dirigente di un paese di circa 40 milioni di persone.

Andreotti ci insegna che a pensare male si fa peccato ma non si sbaglia quasi mai. Guardando le immagini del Tupolev in fiamme la prima cosa che salta all'occhio... è la presenza di un aereo!

E dire che, dall'11 Settembre in poi, le cosiddette teorie ufficiali hanno fatto di tutto per scovare i principi chimico-fisici che hanno fatto svanire nella polvere sia il Boing 757 che ha colpito il Pentagono che quello cascato a Shanksville, aerei con le stesse misure del Tupolev di cui sopra, 48 metri di lunghezza e apertura alare di 38 metri.

Quello che scompare, in realtà, è il nostro buon senso. Come quello che ancora oggi fa credere a tantissime persone che sia possibile che le Torri Gemelle siano crollate a causa degli impatti aerei (franando su loro stesse in soli 10 secondi).
E dire che all'esistenza di dio, senza prove, crediamo senza fatica...

mercoledì 5 maggio 2010

Sentinelle del proprio territorio

Riporto per intero la lettera pubblicata su Byoblu.com a firma Bruno Panuccio, padre di Sara morta a Ventotene il 20 Aprile, con la speranza di rappresentare un piccolo ma significativo pezzo dello spargimento di queste parole.
Sara rappresenta l'ennesima vittima banale di un territorio (il nostro, quello italiano) che ha fatto dell'indifferenza e di un certo tipo di ipocrisia la sua vettura verso una insignificante sopravvivenza.

"Sono il padre di Sara Panuccio, una delle due ragazze scomparse a Ventotene il 20 aprile 2010, a causa della frana del costone di Cala Rossano.

È giunto il momento, anche se mi è enormemente difficoltoso, di far conoscere il mio pensiero in merito alla vicenda che ha stravolto la vita della mia famiglia. Mi è d'obbligo uscire dal silenzio doloroso dopo aver ascoltato parti di servizi televisivi standardizzati ed ai quali siamo abituati nel nostro vivere quotidiano.
Questa è la mia testimonianza, che rendo nelle vesti di cittadino comune ancor prima che in quelle di padre, e che non è dettata quindi da interessi personali.

Dopo aver appreso la notizia, siamo stati elitrasportati sull isola ed ancor prima di giungere abbiamo sorvolato la zona della tragedia. Passato il momento più tragico della mia vita, quello di dover vedere
mia figlia morta - e su questo non mi soffermo perché ognuno di voi può comprendere il dolore e lo stato d'animo -, siamo stati caricati su varie automobili e condotti al centro del paese, in un triste corteo. Ma mentre i genitori di Francesca son giunti direttamente a destinazione, io ho fatto fermare l'automobile in prossimità del luogo maledetto.

Disceso dalla vettura, sono andato in spiaggia tramite una scalinata daccesso invitante e mi sono avvicinato alla zona, che in quel momento era sorvegliata e perimetrata dalle forze dell ordine, come è prassi in questi casi. Mi è stato permesso laccesso. Volevo vedere, toccare e maledire quella che fino a quel momento nella mia testa, grazie alle notizie giunte, era la roccia che aveva tolto la vita a Sara e Francesca.

Quando ho toccato i massi ho scoperto con grande stupore che erano solo un insieme di terra che mi si è sbriciolata tra le mani. Non avevo mai visto il tufo prima di quel giorno, o forse pur avendolo osservato non mi ero mai posto il problema della sua fragilità.
Così, incurante dei richiami a fare attenzione, tesi a mettermi in guarda dal pericolo ( avevo appena visto mia figlia morta, come avrei potuto avere paura per me stesso? ), e dei divieti dei Carabinieri ad avvicinarmi oltre, sono giunto fin sotto al costone. Ho dato un paio di pugni neanche troppo violenti alla parete, e la conseguenza è stata quella di vederne franare un'altra piccola parte (ci sono vari testimoni), tra le urla e gli allarmi dei presenti ( "Attento", "Torni qui", "Si tolga", "E' pericoloso" ).
Ho dato le spalle al costone cercando lo sguardo del mio amico Valerio e, allontanandomi, ho visto ormeggiate in acqua a pochi metri molte barche. Solo successivamente ho saputo della presenza di un Circolo Velico.

Ho osservato molto attentamente il costone ed ho notato quanto segue:
  1. Non vi era alcuna rete di contenimento sulla parete;
  2. Non cera nessuna restrizione all'accesso nelle vicinanze delle pareti, sia a destra che a sinistra rispetto al punto della frana;
  3. Non vi era alcun cartello che segnalasse il pericolo di possibili crolli o invitasse a tenersi a distanza dalla parete;
  4. Sopra il costone cè la strada dove io mi son fermato con l'automobile e di lì passano mezzi pesanti quali ad esempio i camion. Quindi il tufo, già debole di suo, è soggetto a tremolio e sollecitazioni nocive alla stabilità della parete;
  5. La parete in più di un punto è cavernosa e quindi non compatta.
Ed ora le mie riflessioni.

L'economia dell'isola di Ventotene deriva i suoi maggiori introiti dal turismo scolastico: per il Lazio e per Roma in particolare è una delle destinazioni preferite per avvicinare i giovani alla conoscenza ed al rispetto della natura. Comprendo quindi l'interesse dell'amministrazione locale a far sì che questo flusso non venga mai interrotto.

So che è stato dato incarico ad alcuni geologi di periziare l'intero perimetro dell'isola, e che già in tempi passati sono stati lanciati allarmi da diversi studiosi ed anche da molti residenti circa il concreto pericolo di franosità in vari punti. A tutt'oggi pare che, dopo l'ultima relazione, quasi tutto il perimetro sia stato dichiarato inagibile o perlomeno messo in sicurezza, ad eccezione di pochi punti tra i quali la Caletta in oggetto (nelle cui vicinanze si fanno anche attività velica e commerciale legate al turismo stesso).

Oggi io domando che siano accertate le eventuali responsabilità o negligenze in relazione alla scomparsa di Sara e Francesca. Ho sentito usare da molti media l'espressione tragica fatalità, ma fatalità in italiano è il termine che si usa per riferirsi a un evento imprevedibile, quali ad esempio un incidente o un cataclisma naturale. Questo mi indigna come cittadino oltre che come padre di Sara. In questo caso, la fatalità si può riscontrare solo nei nomi e nel numero delle vittime: fosse successo in una domenica estiva, si sarebbe trattato di una strage, l'ennesima.

Viviamo in un paese nel quale si dovrebbe incominciare a pensare che ogni qualvolta accade una tragedia di questo tipo, anche a mille chilometri di distanza, sono sempre e comunque i nostri figli a morire. Oltre alla solidarietà per le vittime e per le loro famiglie, dovrebbe parimenti levarsi anche l'indignazione nei confronti di chi dovrebbe salvaguardare il cittadino e non lo fa (per lo stato e per i governi, di qualsiasi colore essi siano, questo è il primo dovere).

Bisogna dunque farsi sentinelle del proprio territorio, denunciare ed attivarsi in prima persona affinché, alle perdite di vite umane inevitabili, non se ne aggiungano anche altre, inutilmente e colpevolmente. Bisogna comprendere una volta per tutte che le nostre condotte non devono mai rendersi complici di un silenzio assassino, e nel conto mi ci metto anche io in prima persona.

Vi ringrazio per aver avuto la pazienza di leggere questo lungo scritto, ma la televisione ha tempi troppo brevi, che mal si addicono a lunghe riflessioni, magari costrette enro i tempi serrati tra uno spot e l'altro, e vi prego di condividerlo se credete, oltre che sul web, nei vostri posti di lavoro oppure ovunque lo riteniate opportuno.

Bruno Panuccio - 30 aprile 2010"

martedì 4 maggio 2010

Le 4 note di un successo senza fine

Riporto fedele la collezione dei 4-5 video che meglio illustrano come la musica pop (e non solo) sia fondamentalmente basata sui soliti 4 maledetti accordi.
Alcuni sono incredibili!


Axis of Awesome



mathyou9



Turnschuh90
Inserisci linkGuarda i dettagli del video su Youtube per vedere tutti i titoli delle canzoni.


Paravonian

martedì 20 aprile 2010

Costo ambientale

Quoto qui un commento trovato sul Muro del pianto, nel sito di Beppe Grillo, di un utente a nome G Muccio (Bologna), che descrive un punto di vista incredibilmente condivisibile.

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Se venisse applicato il costo ambientale ai prodotti importati il mondo cambierebbe. In meglio.
La delocalizzazione selvaggia sta provocando impatti devastanti all'ambiente (che si apprezzeranno a medio termine) ma soprattutto, a breve termine, impatti devastanti sul sociale. Penso a quello che diceva Grillo in un suo spettacolo: "La Danimarca esporta 4 milioni di biscotti negli Stati Uniti ogni anno, gli Stati uniti 4 milioni di biscotti in Danimarca ... perché non si scambiano la ricetta?". Trovo assurdo che siano concessi dalla Stato Italiano ecoincentivi sui prodotti che consumano meno, non considerando il grado di inquinamento che provocano venendo dall'altra parte del globo. Si dovrebbe riconoscere il 100% dell'ecoincentivo per i prodotti che debbono effettuare "solo" un certo numero di km per arrivare al consumatore finale, una % minore per la fascia successiva e così via fino ad arrivare allo 0%. Lo stesso per l'IVA ..... meno km fa il prodotto, meno è la % dell'IVA sul prodotto. Più sono i km e più aumenta l'IVA . Scommettiamo che non solo i ns imprenditori non delocalizzerebbero ( ... lo fanno anche per disperazione) ma ci sarebbero imprenditori stranieri che, per vendere in Italia, aprirebbero filiali da noi?
>>

Non dico niente di nuovo, ma comprare al supermercato prodotti che hanno origine nella propria regione e nella propria zona è uno dei mezzi più semplici per esprimere la propria opinione, molto prima cha andare a votare.

domenica 18 aprile 2010

Una giornata in fiera

Una giornata in fiera!

Ah, la fiera! Corridoi e corridoi di stand(s), pieni di campioni, campioncini, prodotti colorati, ammiccanti, odori sintetici, odori naturali, oli essenziali, persone, pettinature sgargianti su facce gonfie, abiti alla moda, vestitini incredibili, donne mozzafiato, uomini alti mezzo metro, stranieri, italiani, italioti, calze, calze colorate, a rete, su scarpe improponibili, su tacchi vertiginosi, su sandali, su sandali?, sì su maledetti infradito!, anche se piove, già... uhm... piove...

Dio che giornata del cass, per venire a 'sta fiera...

Arrivo allo stand alle 8:30. Il mio compito è quello di illustrare le grandi opportunità dell'Università nel campo della ricerca alle industrie che cercano un punto di appoggio: noi possediamo la conoscenza, perdio! (a qualcuno interesserà!) (o no?).
Non c'è ancora nessuno dentro, ma fuori è il fosso di Elm. Orde barbariche di visitatori sotto la pioggia attaccano da ogni ingresso. Le entrate sono controllate da gente vestita di nero, con la faccia da cattivo che la sa lunga, pettorine nere con scritte bianche senza senso. I più fighi hanno un ricevitore che fruscia appeso al culo. Passo il mio badge ed arrivo, come detto, allo stand. Non arriverà nessuno per le prime 2 ore. Tranne la mia compagna di sventura, Federica, che arriva misteriosamente dalla parte opposta da cui sono arrivato io, con un fare di sorpresa nel vedermi.

Il tempo non passa mai, mi maledico per non aver portato con me un maledetto portatile, l'orologio di 'sto posto deve avere delle lancette sovrappeso e con grossi problemi cardio-circolatori. Avessi carta e penna, scriverei un appendice di 550 pagine de "La ricerca del tempo perduto", sondando quella zona ancora più grigia tralasciata da Proust nella stesura della versione originale del suo tomo, quella da 2000 pagine. Ancora non ero andato al bar, altrimenti mi sarei maledetto anche per non essermi portato niente da mangiare.

Il badge, infatti, è una sòla: funziona una volta al giorno. Se hai dimenticato qualcosa in motorino, non puoi più rientrare (il ché avrebbe degli innegabili immediati vantaggi). E' una gabbia. Faccio una mezza colazione/pranzo alle 11:30, più per inedia che per fame. Un panino di grandezza ultrabatterica mi costa 4 euro e 50. Ripenso nostalgico ai fulgidi momenti in cui mi lamentavo dei prezzi della Carla, la barista rompicoglioni della Facoltà.

Qualcuno inizia finalmente a sostare davanti al mio stand da metà mattina, ma le visite sono nel complesso sporadiche e tendenzialmente più di interesse accademico ("Io mi divo izcriviri a ingigniria i non so quali corzo sciglire"). Di realtà imprenditoriali, niente di niente. Do fuoco al mio CV per scaldarmi nei momenti peggiori. Il meglio che rimedio a riguardo, è una farmacista che vuole aprire un suo laboratorio: una stanzina dove mettere un microscopio, praticamente. Le lascio l'opuscolo con la ricerca dell'università nel campo della cosmetica convinto che lo brucerà chiedendosi che minchia sono i biopolimeri.

Alla fine della giornata, il meglio che riesco a raccattare sono i seguenti personaggi, probabilmente esuli dei vari Togni o Orfei della bassa:
- un medico calabrese, che non fa altro che sorridere, che dopo 2 minuti che ride guardando un catalogo, attacca una supercazzola sui temi caldi della fiera: i baroni universitari, la mafia, la chiesa. Assente il maltempo, al sud non arriva quasi mai. Probabilmente è in coda a Caianello.
- un rappresentante di fantomatiche aziende che dopo aver liquidato la questione ricerca nel campo della cosmetica, mi chiede come ho fatto ad essere allo stand della fiera, dato che sua figlia ha fatto astrofilologia egizio-aramaica con indirizzo come se fosse antani, e non riesce a trovare lavoro (caro il mio rappresentante di sto par di palle, io sto qua gratis, extralavoro).
- una tizia che dopo avermi fissato per 2 ore mi si avvicina e mi chiede se so qual'è il codice dell'8 per mille dell'Università (le stavo per fornire il mio codice fiscale, ma qualcosa mi ha suggerito all'ultimo di non farlo).
- una donna in carriera, che arrivando di gran carriera in mezzo ad un gruppetto di ztudintizzi ("Io mi divo izcrivere a ingigniria..."), quasi bocciandole come uno strike a girare, dopo una rapida occhiata al poster "La ricerca dell'Università nel campo della cosmetica", mi guarda con fare torvo da persona spiccia, che è arrivata tardi sull'argomento in corso, e taglia corto con un: "Quando hanno aperto questo corso?".
- un rincoglionito, con auricolari ad un volume audiolesionista nelle orecchie, sorriso interrogativo sulla faccia, che sfoglia tutti gli opuscoli sul tavolo, se li infila tutti in tasca, prima di togliersi la musica dalle orecchie ed attaccare una super-pippa sul ponte di Tiberio raffigurato su un catalogo di un congresso.

Il Prof, presente sul posto con quest'ultimo elemento, prima finge un totale disinteressamento, poi un approccio familiare, quasi comprensivo ed accondiscendente verso la palese incapacità di battere pari del tipo in questione, fino ad un rientro nella zona grigia del cameriere quando il tipo attacca un costrutto di stampo Joyciano della lingua italiana, privando la sua favella di punteggiatura, verbi e soggetti.

Non appena quest'ultimo eroe dei nostri tempi si allontana, faccio un rapido riassunto della situazione catastrofica al Prof, mentre mi metto la giacca per andare via, concludendo con una nota divertita sul gadget più distribuito:
"... quelli sulla ricerca dell'Università e poi, più di tutti, il CD dei corsi di Laurea dell'Università. Questi sono andati via come il pane in Sudan. L'hanno preso anche i passanti, manco fosse una caramella. Tutti eh! Chissà che diavolo pensano che ci sia. Vedono il CD, e se lo mettono in tasc...".

Non concludo la frase che il Prof, compiaciuto, se ne infila uno nella giacca e dice sovrappensiero "Ah questo me lo prendo che mi interessa...".

Esco nella pioggia, sono le 16:30.
"Forse faccio in tempo per una cioccolata calda" penso fra me e me...