martedì 7 aprile 2009

Ritrovato ateismo

Fra le molte cose che quassù ho pienamente ritrovato, o trovato per la prima volta, c'è un oramai totale ateismo. Con questo, non intendo assolutamente dire o sostenere l'idea che molti cattolici possono avere, cioè che l'ateo non abbia una dimensione spirituale e non si ponga criticamente in discussione su certe domande centrali della vita (la filosofia ci insegna che esse si possono riassumere all'incirca in: chi siamo, dove andiamo, cosa posso fare, cosa posso sperare e, soprattutto, chi me l'ha fatto fare) (grazie Damiano per quest'ultima centrale domanda).
Quella dimensione di dubbio verso l'ignoto è tipica dell'agnostico, colui che all'esistenza o meno di dio- o chi per lui- risponde con un non so e non posso sapere, accantonando il problema.

L'ateismo è cresciuto in me negli anni, con la disillusione verso la Chiesa e verso le comunità cattoliche da me frequentate. Non ho trovato in essa alcuna risposta alle mie domande, ma solo un mucchio di paradossi e di non sensi che mi hanno convinto, alla fine, che uno dei motivi per cui la gente va in Chiesa non è tanto ritrovare la sua dimensione spirituale quanto obbedire ad un must, posto nella loro coscienza durante la crescita.

Ero convinto di ciò che pensavo già quando ero in Italia, ma per qualche ragione sentivo di dover difendere le mie idee. Trasferitomi qui, dopo appena un paio di settimane mi ero reso conto che la mia guardia alta era il risultato di quel must impiantato con il catechismo nel mio io più profondo e del continuo giudizio degli altri, in quello che è chiamato senso comune.
Forse per volontà di dio (direbbe un religioso), forse per caso (direbbe un ateo) o forse ancora perchè semplicemente attento a questo tipo di argomento (direbbe una persona sensata di entrambi i credi) in una libreria di Dortmund ho trovato la mia Bibbia.

God is not great, di Christopher Hitchens.

Nelle parole di quest'uomo non ho trovato una spiegazione ai miei perchè, piuttosto ho trovato che dicesse esattamente quello che pensavo. Dovrei perciò correggere il termine Bibbia in Diario non scritto. Non mi dilungherò nello spiegarvi di cosa parla, ma mi limiterò a riportare alcuni passaggi, con il solo intento di darvi un altro punto di vista e nessun intento propagandistico.
Magari qualcun'altro scopre di riconoscersi in queste affermazioni.

<<[...] E questo è il punto che riguarda me e quelli che la pensano come me. Le nostre credenze non sono credenze. I nostri principi non sono una fede. Non ci affidiamo unicamente a scienza e ragione, perchè questi sono fattori necessari piuttosto che sufficienti; ma non crediamo a nulla che sia in contraddizione con la scienza o che voglia scavalcare la ragione. Potremo differire in tanti aspetti, ma quello che rispettiamo è la libera ricerca, la necessità di una mentalità aperta, ed il perseguimento delle idee per il bene di loro stesse. [...] Non siamo immuni al fascino della meraviglia, del mistero e dello stupore reverenziale: abbiamo la musica, l'arte e la letteratura, e troviamo che certi seri dilemmi etici siano meglio affrontati da Shakespeare e Tolstoy, da Schiller e Dostoyevsky, o George Eliot piuttosto che in certe novelle morali dei libri sacri. [...] Siamo a conoscenza del fatto che si vive una sola volta, eccetto attraverso i propri figli, ai quali- siamo grandemente felici di notare- dobbiamo fare strada. E siamo convinti che sia almeno possibile sostenere che, una volta che le persone hanno accettato l'idea che la vita sia una sola e ricca di sofferenze, ci si possa comportare vicendevolemente meglio, e non peggio. Siamo assolutamente sicuri che una vita etica possa essere vissuta anche senza essere religiosi. E sappiamo di fatto che è vero semmai il contrario, cioè che la religione ha fatto sì non semplicemente che molte persone non si comportassero meglio di altre, ma ha dato loro il permesso in certi casi di comportarsi in modi che a molti papponi o xenofobi pulitori etnici avrebbe fatto inarcare un sopracciglio. [...] Non abbiamo bisogno di riunirci ogni giorno, o ogni sette giorni, o in qualsiasi giorno pieno di auspicio, per proclamare la nostra rettitudine o per commiserare la nostra mancanza di valore. Noi atei non abbiamo bisogno di alcun prete, o di alcuna gerarchia al di sopra di loro, per organizzare la nostra dottrina. [...] Per noi, nessun posto è più "sacro" di un altro: all'ostentata assurdità del pellegrinaggio, o all'orrore organizzato dell'uccidere civili in nome di qualche muro sacro, o caverna, o santuario, o roccia, possiamo contrapporre una comoda o urgente passeggiata da un lato di una libreria (o galleria) all'altro, o un pranzo con un amico fidato, in nome della verità e della bellezza.
[...]
La fede religiosa è, proprio perchè siamo una specie in evoluzione, impossibile da sradicare. Non morira mai, o almeno non morirà fino a quando non avremo risolto la nostra paura della morte, del buio, dello sconosciuto e degli altri. Per questa ragione, se potessi, io non proibirei la religione. Molto generoso da parte mia, direste. Ma la religione mi garantirebbe la stessa indulgenza? Lo dico perchè c'è una seria differenza fra me ed i miei amici religiosi, e coloro i quali sono davvero amici seri ed onesti lo ammettono. Sarei lieto di partecipare ai bar mitzvahs dei loro figli, di meravigliarmi di fronte alle loro cattedrali gotiche, "rispettare" la loro credenza che il corano sia stato dettato, sebbene esclusivamente in Arabo, ad un mercante analfabeta [...]. E, se dovesse succedere, continuerei a farlo senza insistere su quell'educata reciproca condizione- ovvero che in cambio di questo loro mi lascino in pace [con il mio ateismo, ndJ]. Ma questo, la religione è incapace di farlo...>>

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