martedì 7 aprile 2009

Bruxelles ed il Belgio

Da quando sono tornato dal Belgio, in particolare da Bruxelles, volevo scrivere qualcosa su ciò che avevo visto. Ma di primo acchito, non ce l'ho fatta. Ho avuto sinceramente bisogno di digerire un po' le mie impressioni.

Che poi- forse- più che le impressioni stavo cercando di digerire le loro famose patatine (quelle fritte due volte). Circa 24 ore dopo averne ingurgitate un buon etto, nè ho sbuffate una ventina. E' stato un attimo di dolore intenso. Erano indecise come una peperonata.

Lo scorso finesettimana sono infatti stato a Bruxelles, diciamo per un giorno e mezzo. Ho incontrato un'amica delle Piaggie che sta facendo un dottorato lì, in economia. L'idea di riunire le nostre esperienze piaggiesi e portarne un po' giù al Nord c'è piaciuta molto, ed abbiamo approntato un incontro dalle sue parti. Che a lei non piacciono tantissimo, quelle parti (il Belgio). Per carità, le Piaggie non sono Hollywood, ma... che dire!

Mi aspettavo che Bruxelles fosse una città fatta di vetro, da grandi palazzoni europei piena di burocrati, una babele variopinta, nella quale trovare oltre a tante lingue anche tanti colori, odori, vedute. Magari asettica come la burocrazia.
Tradito malamente.
La città, di sabato, era avvolta in un grigio indefinito, nè piovoso nè ventoso, solo grigio. E non è che io sia il tipico italiano bisognoso di sole (anzi, la sua apparizione qui a Bochum mi ha decisamente infastidito, ero venuto a cercare il freddo!) (sì, per chi se lo stesse chiedendo, qui ci sono 20 gradi ed è arrivata di prepotenza la primavera: ce l'hanno anche loro!).

In mezzo a palazzi di mattoni marroni, con ghirigori nordici sulle facciate di certi palazzi, i grattacieli vetrati saltavano fuori senza senso. Ai margini, come nelle faveles, alcuni edifici abbandonati, l'intonaco sui muri erano un millefoglie, in alcuni addirittura assi di legno ad X, tipo città fantasma del Far West. "Dove diamine sono finito?!". Abbiamo girato quasi tutto il centro, tralasciando appena appena solo la parte nord della città, vicino all'Atomium, una scultura dal dubbio significato. A proposito di sculture, il fatto che il monumento tipico della città fosse un puttino che piscia, dovrebbe dirla lunga sullo spirito dei suoi abitanti. Noi abbiamo il David, loro hanno il puttino: Manneken Pis. In un volo pindarico neanche troppo ardito, ad uno verrebbe di collegare la "venerazione" per il bambino piscione con il penetrante odore di orina in varie zone della città. Ma tante, eh! Per non parlare delle chiazze di vomito che sovente si trovano agli angoli delle vie: una lordura da non credere! Un popolo in crisi digestiva. Che siano repressi? La mia amica direbbe di sì! O forse sono solo le patatine...

Alla fine della prima giornata, ero assolutamente estereffatto da come una città che in potenza avrebbe dovuto essere un intreccio di culture rappresentante l'Europa fosse, in realtà, un mal di stomaco incredibile. Arrivando a casa la sera, a Lovanio (Leuven) ho trovato invece un paesotto universitario fantastico, spanne e spanne avanti a Bochum. D'un tratto ho dato valore alla presenza di edifici storici (o perlomeno caratteristici) che a Bochum non ci sono, in quanto tutto è stato distrutto durante la guerra (e quando dico tutto, intendo dire proprio tutto: in grandi città come Colonia, pare fosse rimasto in piedi il 10% degli edifici; figurarsi in insediamenti come Bochum, più provinciali e pieni solo di miniere di carbone!).
Al giorno dopo, domenica, di ritorno a Bruxelles in vista della mia definitiva partenza per la Germania, la città aveva cambiato colore. Nulla di quello che avevo visto il giorno prima era in realtà cambiato, ma erano bastati 3 flebili raggi di sole e tutto il centro si era popolato di persone: gente seduta in terra a chiacchierare come nelle piazze italiane, chiacchierio di sottofondo e i buttadentro agli usci dei ristoranti. Un'altra città. Che poi a guardar bene era sempre la stessa, ma ora era tipica e non patetica! Roba da non credere. Girando a caso, siamo finiti in una serie di viuzze quasi mediterranee, con i tendoni da un lato all'altro della strada che si toccavano e creavano giochi di luci ed ombre fra i tavolini, tutti rigorosamente fuori dai locali, in un odore di cozze e pesci d'ogni tipo. Pare infatti che il piatto tipico siano le cozze (deduco dei mari del nord) con le patate fritte (e ti pareva!). L'odore era incredibilmente invitante, checché se ne possa pensare.

Irradiati da un po' di luce viva, apparivano anche più carini i vari tranci di palazzi disegnati con i diversi fumetti (di origine belga), una decorazione sparsa in tutta la città.

Insomma, un tremendo mal di pancia, con improbabili risveglie domenicali.

Se avete voglia di passare da qui, quindi, vi consiglio di scegliere una giornata di sole, per poter mangiare le pietanze tipiche del luogo; ma poi, pagato il conto, andate a dormire in un altro stato!

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