domenica 30 novembre 2008

Vivere e sopravvivere

In casi di crisi, le nostre vite cambiano. Scelte normali, quotidiane, vengono lievemente modificate per adattarsi alle condizioni di emergenza. Quello che cerchiamo di fare, in modo naturale, è quello di evitare l'impatto con le forti conseguenze che certe brutte situazioni hanno, per non abbattersi ed andare avanti. I migliori di noi, riescono a nascondere tutto sotto una superficie solida di attività giornaliere, ben sapendo che sotto ribolle qualche preoccupazione, riuscendo ad affrontare così i momenti difficili. Tendenzialmente, ammiriamo o invidiamo queste persone. Ma in certi casi le possiamo anche compatire.
Questa risposta allo stress è fisiologica, la adottano anche altre forme di vita. L'orso magna più che può e va in letargo, perchè sa che ci sarà un periodaccio, per lui. I batteri si incistano e vanno in uno stadio di quiescienza, di stasi, ed aspettano.
Stanno sopravvivendo, non vivendo.
Questo gli permette di esserci ancora, quando le condizioni in futuro saranno migliori.

Gli italiani, da troppi anni ormai, sopravvivono. Le tecniche e le filosofie per farlo nella maniera più decorosa possibile sono innumerevoli. Si va da una superficialità spinta, a teorie del cazzeggio rispettabilissime. Gente che organizza la propria settimana in modo che ci sia sempre un costante afflusso di piacere (droga, cibo, film, videogiochi, sesso, alcol etc...), piacere che a volte diventa irrinunciabile ed è il vero perno della propria vita, non uno svago per staccare la spina mentre si è sulla via.

Quello che è sbalorditivo, è constatare come questo status quo permarrà immutato a causa di un involontario feed-back positivo. Ovvero: c'è stato un momento in cui questa risposta di sopravvivenza fisiologica ha cominciato ad auto-indursi. Le condizioni di crisi sono rimaste esternamente una situazione costante e sono diventate le nostre stesse attività di sopravvivenza a perpetuare la situazione di crisi e a non permetterci di arrivare a condizioni migliori.

Un esempio pratico di quello che sto dicendo l'ho vissuto ieri sera. Come ormai tutti sono (credo) d'accordo, la politica italiana fa schifo. Come siamo arrivati fino a qui? Grazie ad anni di malapolitica di ogni colore, a partire dalla Democrazia Cristiana, passando dai Socialisti agli abusi dei sindacalisti e dei capi d'azienda amici degli amici che non vanno a fondo neanche se tiri lo sciacquone 20 volte. La risposta fisiologica degli italiani è stata una forte disillusione verso il sistema politico tutto. Nasce così, in seno allo scandalo di Mani Pulite, l'homo novus Berlusconi. Chi è costui? Una metastasi generata dal sistema il quale, ad onor del vero con grande caparbietà, cavalca selettivamente tutte le bieche oscenità che il sistema politico ha creato per sè, rimanendo magicamente immune da ogni conseguenza. L'idea dominante nella testa di tutti, vera o falsa non ha alcun valore, è ormai questa: la sinistra non fa niente. Berlusconi fa qualcosa. Poi magari sarà sbagliato, ma almeno qualcosa fa. Con questo scacco, ormai profondamente tatuato nelle menti di tutti, ogni cosa è concessa.
Ogni cosa.

Ieri sera si parlava della Gelmini. A tavola, un ventaglio di persone fra i 70 ed i 25, due generazioni e mezzo a confronto. Ovviamente, salta fuori il motivo trainante della politica berlusconiana: almeno io faccio qualcosa.
Prendiamo l'ambiente della ricerca nel quale lavoro. Ora come ora, ci sono circa il 50% dei precari (personale non assunto, generalmente fra i 20 ed i 50 anni) che fanno il lavoro vero e proprio, mentre un 50% di regolari (personale stabile, fra i 40 e più di 70) che hanno ritmi produttivi proporzionali alla loro età.
La produttività di questi ambienti è ridicola se paragonata ai finanziamenti. Che poi sia nato prima l'uovo o la gallina (cioè si produca poco perchè ci sono pochi finanziamenti o il contrario) non fa parte del mio ragionamento attuale e richiederebbe un post a parte.
Per ridurre gli sprechi, che fa in sostanza la Gelmini? Tagli genericamente i fondi e dice 1 assunto ogni 5 pensionamenti, ora; poi 1 ogni 2 fino, mi sembra, al 2014.

Questo sistema genera una vasca di pescecani fra i precari e non è certo meritocratica. Ok, ma almeno risolve qualcosa? Si riesce a svuotare questi posti di persone non produttive? No, ovviamente. [Che poi, paradossalmente, quei pochi che verranno assunti non sono certo i migliori (che ad un certo punto si saranno rotti i coglioni e se ne saranno andati)].
Il problema non è certo quello di assumere, ma quello di mandare in pensione.
Avete idea di quante cariatidi sono fisse negli ambienti di ricerca pubblica? Fatevi un giro nelle mense dei centri di ricerca (andateci presto, vero le 12:30). Volete andare a vedere qual'è l'età media dei professori universitari e dei ricercatori in Italia? Evirando di netto ogni possibilità si assunzione a chi fa il lavoro vero (i precari) e lasciando gente di 60-70 a capo della ricerca, cosa si spera di fare? Mantenere lo status quo, ovvio. Sono i professoroni di 60-70 (coetanei di Berlusconi) che ci guadagnano. Quelli che fanno politica, non ricerca. Quelli che direttamente o meno l'hanno creato. Mentre la barca affonda, loro rimagono a galla fino all'ultimo. Di quale futuro vogliamo parlare? Un ragazzo di 30 anni per arrivare a 80 anni ne ha davanti ancora 50, più di quelli che ha vissuto. Un 70enne, una decina.
A chi fa comodo la Gelmini? A chi dovrebbe lavorare i prossimi anni in quel centro di ricerca (l'attuale precario) mantenendolo e producendo risultati (e/o prestigio) o a chi c'è già da 30-40 anni ed è a capo del sistema?

Alla fine, qual'è il messaggio che passa? Almeno Berlusconi fa qualcosa, la sinistra non fa nulla.
Questa mentalità superficiale, con la quale stiamo sopravvivendo, è la stessa che ci impedisce di vivere la vita e ci impedirà sempre di sentirla nostra. La scelta di sopravvivere è certamente efficace fino ad un certo limite, ma superato il valore di soglia, continuare a voler sopravvivere significa morire. Bisogna trovare il coraggio di accettare (parlo ai miei coetanei) che a noi è toccata una vita di sacrifici, che non ci sono toccati i favolosi anni '60 del boom economico. Ed accontentarci di una vita più difficile, ma vera. Forse così, ai nostri figli (se li faremo) potremmo dare qualcosa in più di quello che abbiamo noi adesso, di quello che, molti senza volerlo, genitori e nonni ci hanno dato. E bisogna trovare il coraggio di dire ai nostri genitori: vi vorrò sempre bene, ma ai vostri tempi si stava meglio. Fatevene una ragione.

P.S: Aggiornamento del 15 dicembre 2008. L'Università di Firenze, a causa della crisi finanziaria che la riguarda, non sarà in grado di aumentare gli stipendi dei dottorandi da 800 a 1000 euro, anche se i soldi glieli aveva dati lo Stato (tutti gli altri atenei d'Italia lo hanno già fatto a partire da Gennaio 2008). Motivazione: c'è crisi. Poi salta fuori la notizia scomoda: gli stipendi dei dottorandi non sono stati aumentati, ma quello dei Prof. universitari sì. Se la legge (e la crisi) è uguale per tutti, loro sono più uguali degli altri...

1 commento:

Calanta ha detto...

A quanto pare, poi, c'è solo una categoria che si può permettere di piagnucolare un po'[neanche tanto]per ottenere finaziamenti da 120 milioni di euro mentre la scuola pubblica crolla sotto i tubi di ghisa.

Kyrie eleison