lunedì 27 ottobre 2008

Libertà sulla rete: un futuro possibile?

Sono un assiduo utilizzatore di YouTube.
Inserisco qualche video, ma più che altro, come tutti, sono uno spettatore.
Fra le cose che apprezzo di più, c'è la possibilità di commentare, votare e giudicare il contenuto che sto visualizzando. Questo rende tutto più interessante, crea una rete di utenti che si ritrovano, un forum di discussione in diretta sugli argomenti più svariati.
Purtroppo, il libero utilizzo di uno strumento non presuppone un suo uso adeguato da parte del libero utilizzatore.
Mi riferisco al fatto che sempre più spesso trovo gente che si offende fra i commenti ed intasa la lista per diversi giorni, finendo per tralasciare l'argomento iniziale. Questo atteggiamento è tipico di chi si sfoga un pò di tutto, della vita che non va come vorrebbe, della giornata storta e via dicendo; fatti che, nell'Italia difficilina di oggi, non stupiscono nessuno.
Ammetto di cascato anche io in situazioni di questo tipo, ma a mia discolpa posso dire di aver racchiuso certe frasi rabbiose nell'ambito dell'osservazione di un fatto, quasi mai di un gusto. Questo spesso riguarda fatti di politica, affermazioni circa avvenimenti accaduti realmente e mistificati dal cretino di turno che butta il discorso politico sulla "simpatia": detesto quando un fatto diventa un'opinione.
Ad esempio, è molto frequente trovare a seguito dei video dove c'è Travaglio qualche benpensante che dice solo: "Travaglio fai shifo, w Berlusconi". E' evidente che un commento del genere non apporta alcuna osservazione oggettiva, ma solo una simpatia che, in quanto tale, oggettiva non è. Tra l'altro il desiderio di lasciare un commento del genere in un video di Travaglio sa più di sadico che di osservatore sdegnato dai contenuti.
Purtroppo ho notato che questo atteggiamento sconfina anche nei campi in cui il gusto personale ha ampio spazio, vedi video musicali, comici o acrobazie calcistiche: in quei campi è assolutamente lecito dire "a me piace" o "a me non piace" (o anche "a me me biasce"): i gusti son gusti, disse quello che mangiava la merda.
Ultimamente sono stato oggetto di ripetuti insulti da parte di un tizio che non avevo mai incrociato prima perchè avevo esposto (caricando di aggettivi, ad onor del vero) la mia tesi secondo cui un certo cantante (seppur molto bravo) non avrebbe avuto niente a che spartire con Jeff Buckley (e capirai!).
Apriti cielo! Questo tizio, previa indagine fra i miei video di libero accesso, mi ha detto che cantando io Neffa sarei una merdaccia inutile mentre tale cantante era un tipo originale con alle spalle tutta una sua carriera. Concludeva che io ero dunque la solita voce qualunque, una persona priva di personalità e dovevo perciò stare zitto: bisognava che qualcuno me lo dicesse! (lui si era fatto paladino di questa crociata).
Tralasciando il fatto specifico, mi ha turbato come il cuore del libero accesso ai contenuti (i miei) e del libero commento (non su un fatto oggettivo, ma appunto su un gusto personale) fossero stati fatti fuori, solo perchè esistevano gli strumenti per farlo (accedere ai miei video e rispondermi direttamente). Il tutto pubblicamente.

Questo evento mi ha costretto ad accettare due fatti la cui entità avevo onestamente sottovalutato fino ad oggi:
(1) ogni sistema è maledettamente bilanciato e ad ogni possibilità (positiva) ne corrisponde una uguale e contraria (negativa).
(2) la possibilità di accedere ad uno strumento di massa determina naturalmente l'affermarsi di gruppi di opinione che, avendone la possibilità, tendono a difendersi.

Credo che per la prima affermazione non ci sia soluzione se non nella grandezza dell'animo umano: dato che non potrei mai rinunciare alle possibilità positive, mi devo far carico dell'eventualità che le cose negative accadano (e spargere più che posso del senso civico fra le persone con cui discuto). Niente di diverso da quello che faccio accettando di vivere, insomma.

Per la seconda affermazione, la situazione si complica. Quando una voce ha la possibilità di essere raggiunta da più persone (pensiamo ad uno qualsiasi dei mass media) naturalmente finiranno per ascoltare questa voce principalmente le persone che sono concordi con essa. Chi legge Libero? Chi crede ciecamente a Berlusconi. Chi legge l'Unità? Certamente nessun imprenditore. Chi guarda Fede o legge il Riformista? (Già, chi?).

Chi dunque guarda un video su YouTube? Chi è interessato al contenuto. Nella maggioranza dei casi, chi ha piacere di vederlo (e questo include i sadici). Diventa naturale quindi la creazione di un gruppo di persone che hanno le stesse idee. Ma in che misura il dissenso ha spazio in un contesto del genere? Quanto ha senso comprare Libero per arrabbiarsi?

Insomma, voglio dire: in che misura la libertà che sulla rete può davvero attuarsi (al contrario di ciò che è ormai accaduto con i mass media finora utilizzati) potrà autoregolarsi a tal punto da non mistificare i contenuti sotto una coltre di opinioni? Esiste davvero uno strumento con cui 1000 persone libere (agendo liberamente) possono avere la meglio su 10 persone organizzate? E se sì, la rete è davvero questo strumento?

P.S. Si ringrazia Newton per l'assunzione numero 1.

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