domenica 20 settembre 2009

Q

E io che credevo... Credevo che niente valesse più la pena. Che era meglio il silenzio. Che era tutto artefatto. In un paese di anime perse e senza Dio quale quello in cui viviamo, in cui ognuno si vota alla sua personale causa (frega il prossimo tuo, come te stesso...) e se ne fotte di cercarne una comune, pensavo niente valesse la pena. Che fosse stupido mettermi qui a scrivere. Di che? Di pensieri profondi? A chi interesserebbero più? Suonerei come il solito benpensante rompicoglioni. No, meglio lasciar stare. Parlare di cazzate? Di buffe scoperte in rete? Di vuoti aneddoti che il tempo si porta via? Perchè? Per riempire quale vuoto? Perchè scrivo? Perchè scrivo in rete?

In un tempo ed un luogo come questo, a che serve dialogare? Ogni discorso che fai, lo conosci. Di ogni storia sai la fine. Tutti sanno tutto. E nessuno sa niente. Dunque, tutto è noia. I libri si giudicano dalla copertina. Neanche si aprono. Non si entra nel merito (merito?!). Corri veloce da un posto all'altro, senza porti mai vere domande, la pelle ha un solo sottilissimo strato, tanto sotto sai che c'è un sacco vuoto, uguale agli altri.
Allora via, meglio non pensare, meglio non guardare, meglio fregarsene e camminare senza più pretendere di avere una metà, di avere qualcosa da vedere, da conoscere, da condividere.

Ma è una presunzione. La curiosità è sempre lì.
Sarà questa la vita? Sarà questo il senso? Sapere come va a finire? Farlo per sè stessi?
Quale motivo ti trascina davvero?

"La felicità è vera solo quando è condivisa".

E se nessuno la vuole condividere? Se quello che sai non interessa a nessuno? Si può vivere di sè stessi? E' forse egoistico? Una masturbazione inutile, che lascia il tempo che trova, da lasciare danzare negli angoli del tempo come la polvere quando cambi l'aria, senza che nessuno se ne curi davvero?

Arduo. Alzi la testa e cerchi di farti un'idea generale. Tempi duri, per chi vuole continuare a vivere. Per chi vuol conoscere. Per chi c'ha addosso questo fuoco e non sa che farsene. La gamba, frenetica, sobbalza mentre scrivi. I denti digrignano fissi il nervosismo che li mastica. L'odore del caffè ti accompagna in ogni momento della giornata. Dove davvero vuoi volgere lo sguardo?
Credi servirebbe ritrovarsi con le solite facce a dire le solite cose? Ascoltare le solite bocche che dicono di parlar chiaro (e magari lo fanno per davvero), per sentirsi rincuorati di non esser soli a vederla così? Finisci che ti senti più solo che mai, chiuso in una gabbia che hai costruito sbarra per sbarra, aggrappandoti a chissà quali limpide teorie. Naufrago su un'isola dove hai scelto di andare a morire, lontano da tutto, da tutti.
E' brutto sentirsi chiusi fuori, ma forse è ancora più spiacevole restare chiusi dentro (Virginia Wolf, "Una stanza tutta per sè").

Eppure la curiosità è lì sotto. E' una brace che arde quando il fuoco è spento, che si ritira su da sola, respira l'ossigeno che le serve senza che nessuno glielo debba somministrare. E' indipendente. E' viva. Non ha bisogno di sondini che la tengano in vita, la curiosità. Non ha bisogno di sottane bianche che le dicano a che Dio piegare il capo. E' laica. E' indipendente. E' memoria ed azione. E' RNA. Qual'è il suo scopo? L'essere. L'essere ora. Non ieri, o domani.
Ora. Adesso. Qui.

"Non esistono verità, esistono solo opportunità".

Quanta cinica violenza dietro queste parole. E quanta violenta libertà. Quanta dirompente voglia di riprendersi sè stessi e sprezzo per quel gelo là fuori.
Opportunità. Opportunità per conoscere.
Non ricordo chi disse: "Se vuoi cambiare il mondo, non cercare di combatterlo. Crea qualcosa che renda il vecchio obsoleto".

Il cinismo t'ha quasi vinto quando sulla tua strada ti imbatti in Q. Mentre scorri le pagine t'accorgi d'essere letto. Da lui. Che mette la punteggiatura alle frasi che la tua curiosità (in silenzio- sotto la cenere) lasciava scritte dentro di te. La cosa più strana (e forse radicante il sentimento di autenticità del tuo essere) è trovare altri che con letture diverse, di età diverse, finisco per dirti ciò che avevi pensato: "E' come se tutto quello che vedi e che leggi si incastri a formare uno stesso disegno" (V.M.).

"La vita è un'occasione di felicità" (Tiziano Terzani, "Un altro giro di giostra")
Errata corrige.
La vita è un'occasione per vivere.
Se tanto poi dobbiamo morire, tanto vale provarci.

E allora proviamoci.
Certo, per noi stessi. Ma anche per gli altri. Sì, per altri che non conosci, di cui ora non t'importa. Altri che magari un giorno si faranno un'idea organica di come stanno le cose. Si faranno una loro idea.
E magari (magari) avranno attinto un piccolo pezzo da quello che hai detto tu.
Perchè davvero, alla fine, "omnia sunt communia".

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